LA DAD VISTA DAGLI STUDENTI
a cura di
Elena Sichirollo, Giulia Colelli, Maila Manzato, Ilaria Pavanello, Giovanna Maronati, Silvia Simonetta , Anna Zagra, Carlini Samantha, Concon Alice, Selvaggio Claudia, Giulia Belluzzo.
Da settembre, l’incubo che ormai ci sembrava superato, è ripiombato a perseguitare le nostre vite. Dopo un’estate serena e apparentemente normale, verso la fine di ottobre, la scuola italiana è dovuta ricorrere nuovamente per la secondaria di secondo grado alla DAD.
Nella lotta contro il Coronavirus, la didattica a distanza (DAD) risulta strumento indispensabile per gli studenti. Come suggerisce il termine, essa è l’insieme delle attività formative che si possono svolgere senza la presenza fisica di docenti e alunni nello stesso luogo. E’ caratterizzata principalmente dalla distanza tra docenti e alunni, fattore che determina la più grande difficoltà. Infatti, il chiarimento e il supporto del docente sono elementi fondamentali per il processo di apprendimento che, sebbene in modalità diverse, non possono venire meno nemmeno nella modalità a distanza.
Per comprendere meglio cosa ha rappresentato la Dad per gli studenti italiani, abbiamo deciso di porre alcune domande ai nostri coetanei, dalle cui risposte è emerso un quadro abbastanza chiaro.
Per tutti la DAD ha avuto sia lati positivi che negativi.
Partiamo da quelli positivi:
- Il primo è legato al fatto che gli studenti possono seguire le lezioni da casa, in un ambiente familiare, che crea un clima sereno e che aiuta a ridurre l’ansia e le preoccupazioni. Inoltre vi è l’assenza dei trasporti pubblici, che spesso obbligano gli studenti ad alzarsi alle prime ore del mattino per raggiungere la scuola, occupando tempo che può essere utilizzato per lo studio.
- Un altro aspetto a favore della DAD è l’esistenza delle pause, più o meno brevi, che permettono agli studenti di riposarsi tra una lezione e l’altra, rendendo relativamente meno pesante o stancante la giornata. E, sempre a detta dei più, una maggiore facilità delle prove di verifica. Insomma i risultati nella Dad sono complessivamente migliori che nella didattica in presenza.Partiamo da quelli positivi:
Tuttavia la DAD presenta anche degli aspetti negativi
- tra cui la mancanza del contesto sociale/affettivo, causa principale del malessere generale degli studenti. In molti, se non tutti, lamentano la solitudine e sentono una grande nostalgia di quando tra una lezione o l’altra anche in classe ci poteva scambiare battute e ridere allegramente.
- Tra gli aspetti negativi riscontrati: vi è la scarsa capacità di concentrazione dei ragazzi durante le lezioni, dovuta alla forte presenza di agenti disturbanti e ai frequenti problemi di connessione, che impediscono ai ragazzi di seguire le spiegazioni in modo fluido. Tra questi è anche la mancanza di un feedback da parte sia degli insegnanti sia degli alunni, che comporta un alto tasso di demoralizzazione generale.
- Un ulteriore disagio è causato dalla mancanza di strumenti tecnologici adatti per seguire le lezioni, sebbene alcune scuole si siano attrezzate per fornire device in comodato d’uso. Un altro aspetto negativo da non sottovalutare è stato la spesa ingente da parte delle famiglie necessaria a fare fronte a tutte le esigenze.
La DAD ha avuto un forte impatto nella vita sia degli insegnanti che dei ragazzi.
Dal punto di vista dei docenti, ha permesso loro di acquisire e migliorare le abilità nel campo della tecnologia. Nei ragazzi, invece, questa modalità ha aiutato a consolidare delle competenze già possedute.
Per quanto concerne la sfera dell’infanzia, i bambini hanno vissuto quest’esperienza di reclusione forzata in maniera diversa, sviluppando dei disturbi quali l’irritabilità, disturbi del sonno e incontinenza. Anche gli adolescenti, tuttavia, hanno avuto delle ripercussioni psicologiche non di poco conto, poiché hanno dovuto fare i conti con disturbi d’ansia, alterazioni del ritmo sonno-veglia causati dalla frequente esposizione agli schermi e con dei cambiamenti repentini del tono dell’umore.
Uno degli effetti più evidenti riscontrati nei ragazzi, ma in generale anche nelle persone costrette a restare tra le mura di casa, è la sindrome della capanna, detta anche sindrome del prigioniero. Abbiamo scoperto e verificato su noi stesse che questa sindrome provoca uno stato di smarrimento ed implica la voglia di continuare a rimanere al sicuro nel proprio rifugio; vi sono inoltre numerosi sintomi associati a molteplici e differenti circostanze, in moltissimi studenti, e noi tra questi, si sono riscontrati episodi di stress, una maggiore irascibilità, stanchezza e difficoltà di concentrazione.
Pesando bene lati positivi e lati negativi è evidente che tutti gli studenti hanno voglia di tornare in classe a condividere le ore di lezioni – pesanti o leggere che siano – con i loro compagni.