Aspettando Chagall

«Nelle nostre vite c’è un solo colore che dona senso all’arte
e alla vita stessa.
Il colore dell’amore.»
M.Chagall

Di tante immagini dell’Arte, ce n’è una in particolare di Marc Chagall cui torno di tanto in tanto con la mente. Si tratta de “Il Compleanno”, una delle opere più note del pittore ebreo bielorusso vissuto nel secolo scorso, cui a breve Rovigo dedicherà una mostra importante.

La dipinse nel 1915, in occasione del suo ventottesimo compleanno, quando era appena tornato a Vitebsk, la sua città natale, da Parigi, dove aveva avuto modo di apprezzare il Cubismo, i Fauves e la pittura di Matisse. A Vitebsk lo aspettava la sua Bella Rosenfeld, la donna di cui si era follemente innamorato qualche anno prima di partire. I due furono inseparabili fino al giorno in cui un’infezione virale si portò via Bella. Era il 1944.

L’opera Il Compleanno, che è conservata al Museum of Modern Art di New York, ritrae la giovane Bella vestita di nero in procinto di sistemare la casa e addobbarla di fiori. La scena è ambientata all’interno di una stanza, di cui il pittore non trascura nessun dettaglio. Persino il paesaggio oltre le finestre è riconoscibile: è la fredda e grigia città di Vitebsk. E’ proprio di fronte alla finestra, che si compie la scena di un bacio dalla tenerezza disarmante, impossibile da scordare. Lui raggiunge la sua amata di sorpresa, dalle spalle, sollevandosi da terra, la bacia sulla bocca, tenendo gli occhi chiusi. Lei corrisponde senza esitazione, con gli occhi sgranati, mentre stringe tra le mani un mazzetto di fiori recisi, simbolo da sempre della fugacità delle cose. Non solo quello di Marc, ma anche il corpo di Bella sembra non appoggiare sul pavimento rosso vivo.

I colori densi e luminosi, il disegno semplice, quasi infantile, rendono immediata l’empatia con ciò che accade. Non si tratta, però, di una favola, ma forse del più bel inno all’amore di sempre.

In una pagina del suo diario, Bella, descrivendo l’opera del marito scriveva: “ In quell’attimo di tenerezza lui le sussurra, indicandole la finestra: Fuori il cielo ci chiama. Poi la bacia”.

C’è un dentro: la stanza, ovvero lo spazio intimo, caldo e rassicurante della loro relazione d’amore. E c’è uno spazio fuori, oltre la finestra – elemento iconografico ricorrente in Chagall -. È la città di Vitebsk, la città che deve fare i conti con l’odio degli zar contro gli ebrei, la città dalla quale i due devono fuggire.

La città sempre rimpianta, amata, in cui l’autore non può tornare a causa della seconda guerra mondiale e della nuova ondata di odio antisemita. Vitebsk è il luogo incomprensibile in cui si compie la Storia. Eppure è lì, oltre quella finestra, che i due amanti guardano. Non per fermarsi nel dolore della Storia, non per arrendersi alla paura che essa incute, ma per attraversarla e raggiungere il destino che li chiama: il cielo. Uno spazio infinito, senza tempo, in cui ogni peso è dimenticato. Esso è raggiungibile solo attraverso la storia, ma possibile solo attraverso la relazione d’amore.

La relazione tra i due amanti è allora come il filo che Arianna dona a Teseo per uscire dal labirinto del Minotauro, vincere il buio, affrontare il mostro. Marc Chagall sa che non può vivere senza tenersi ben stretto quel filo, che è il senso profondo di un’esistenza intera.

Ripenso a quell’immagine tutte le volte in cui, per un motivo qualunque, il più delle volte per timore di perdere qualcosa, sarei tentata di chiudere le finestre della mia stanza, dove faccio festa al sicuro con le persone che amo. Tutte le volte in cui vorrei fermare il tempo o rimpiango ciò che è andato. Ripenso alla tenerezza del bacio dell’opera di Chagall e sento l’invito che ogni sentimento d’amore vero porta con sé:”Usciamo, fuori il cielo ci aspetta!”.

 

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Marc Chagall nel 1920, foto di Pierre Choumoff

 

Marc Chagall pittore russo, naturalizzato francese, era di origine ebraica chassidica. Il suo vero nome era Moishe Segal; il suo nome russo Mark Zacharovič abbreviato in Šagall trascritto poi in francese come Chagall Nato a Lëzna, presso Vitebsk il 7 luglio 1887 è morto a Saint-Paul-de-Vence, il 28 marzo 1985

 

 

 

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