Nelle fertili terre di Adria Etrusca

Nel VI secolo a.C. il graduale aumento di presenze etrusche nella Pianura Padana portò ad un vivace processo di riorganizzazione territoriale che vide la nascita di numerosi centri urbani e di una fitta rete di insediamenti minori lungo le principali vie di transito fluviali e terrestri. Nella tanto particolare, quanto favorevole, configurazione idrografica dell’antico Delta del Po assunsero un ruolo di particolare rilievo le due importanti città di Adria e Spina, quali attivi porti fluviali verso cui convergevano gli interessi commerciali delle aree padana e appenninica, del mondo d’oltralpe e della Grecia.

È certo, infatti, che lo splendore raggiunto da Adria tra VI e V secolo a.C. fu determinato prevalentemente dalla gestione della città da parte degli Etruschi, che nel suo territorio individuarono la più settentrionale espansione colonizzatrice sulla costa adriatica, lungo un indefinito confine di zona franca con la regione dei Veneti, segnato da diramazioni dell’Adige.

Furono, inoltre, gli Etruschi (che per fama erano considerati “maestri d’idraulica”) ad intervenire nel territorio con opere di bonifica e di canalizzazione per un consono sfruttamento delle risorse naturali, al fine di ottenere in abbondanza i prodotti richiesti dai Greci per i loro scambi commerciali.

Dalle nostre campagne giungevano, infatti, ad Adria i prodotti dell’agricoltura e dell’allevamento, in particolare cereali, legumi, suini, volatili, cavalli; richiesta era anche la carne conservata, come i prosciutti. Non mancavano i prodotti non locali come l’ambra e metalli provenienti dall’Europa settentrionale. Il baratto con i Greci era rappresentato, in particolare, da vino e olio di pregio e da quelle apprezzate ceramiche “a figure nere o rosse”, denominate attiche in quanto prodotte nella regione di Atene.

L’antica e felice configurazione territoriale ad est di Adria è paragonabile alla situazione favorevole che in seguito determinò lo splendore di Venezia, quale Repubblica Marinara. Dobbiamo immaginare la città affacciata alla sua laguna, intervallata da lievi dossi sabbiosi, limitata dal mare aperto da un marcato sistema di dune che da Spina-Comacchio, per San Basilio di Ariano Polesine, Porto Viro, Rosolina, Chioggia, proseguiva verso il Lido di Venezia.

“Adria è una pòlis, una città lungo il suo fiume e presso il suo mare. Il territorio è propizio alle greggi, tanto che gli animali si riproducono due volte all’anno e hanno parti gemellari, spesso partoriscono tre o quattro capretti, a volte perfino cinque e più, e le galline fanno le uova due volte al giorno pur essendo di dimensioni inferiori alle altre.”

Questo ci tramanda Ecateo di Mileto, negli anni a cavallo tra VI e V secolo a.C.  La testimonianza evidenzia il ruolo strategico di Adria che giunse a strappare ad altre importanti città, poste lungo le rotte mercantili, la priorità nel nome da dare a quel mare su cui si affacciava. Viene descritto anche un territorio fertile fino all’inverosimile. Una esaltante, mitica visione di abbondanti risorse, un antico Eldorado, che smentisce, assieme alle conoscenze archeologiche, quella radicata immagine di un Polesine caratterizzato in passato da paludi e ambienti inospitali.

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Schema del territorio di Adria etrusca. Sono indicate località archeologiche e, in verde, percorsi di fiumi scomparsi.

 

 

 

 

 

 

 

 

Ricerche e scavi archeologici 
In alcune località, poste lungo questo antico litorale, nel secolo scorso sono stati portati alla luce materiali archeologici, anche di particolare pregio, mentre ricerche di scavo e programmate indagini sono state condotte soprattutto a San Basilio.

Qui, nei pressi della foce di un ramo padano, oggi in parte ripreso dal Po di Goro, è stato individuato un importante insediamento attestante stabili presenze di genti etrusche, venete e greche, in relazione ad attività commerciali con la vicina Adria. Questo implicava necessariamente la presenza di un importante porto, le cui tracce per buona parte risultano ancora sepolte.

L’importanza di Adria etrusca è ben nota da tempo come attestano le numerose ed eccezionali testimonianze, custodite presso il rinnovato Museo Archeologico Nazionale, provenienti sia da raccolte effettuate a partire dal Settecento, sia da estese campagne di scavo condotte nella città e in aree limitrofe durante tutto il Novecento.

Il quadro del popolamento per il resto del territorio si andò configurando circa trent’anni fa a seguito di una serie di fortuiti ritrovamenti che stimolarono attive ricerche in aree di Rovigo, San Cassiano e Gavello.

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Cratere attico proveniente dalla necropoli etrusca di Balone (V sec.a.C.), Museo dei Grandi Fiumi Rovigo

 

Negli anni 1987-90, a seguito del ritrovamento di materiale archeologico durante la costruzione della Superstrada Rovigo-Verona, le indagini condotte a Balone, presso Grignano Polesine, portarono alla luce parte di una necropoli etrusca e tracce di strutture insediative. Seguirono anche sistematiche ricerche di superficie e ricognizioni dall’alto con deltaplano che consentirono di accertare la presenza di un diffuso popolamento lungo un paleocanale largo 20 m e individuato dalla foto aerea per circa 5 km.

 

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La foto numero 1, da deltaplano, evidenzia un corso d’acqua scomparso presso San Cassiano. La foto numero 2 mostra le fondamenta della casa etrusca di San Cassiano.

Altra area interessata da programmate ricerche è quella di San Cassiano dove dal 1994 per una decina d’anni si sono scoperte e studiate le interessanti testimonianze di una nobile casa etrusca, in seguito trasformata in fattoria.

Anche in questo caso sono emersi, dislocati in più aree, diversi affioramenti attestanti una organizzata distribuzione insediativa lungo ridotti corsi d’acqua, controllati e regimati dall’uomo a scopo di bonifica e presumibilmente per consentire una adeguata navigazione interna. Analoga situazione si è registrata anche nelle terre di Gavello, in particolare nell’estesa Tenuta Dossi.

Risultati
Sulla base delle conoscenze acquisite negli ultimi anni la frequentazione di genti etrusche nell’entroterra di Adria risulta distribuita lungo secondari corsi d’acqua, prediligendo le morfologie leggermente dossive dei loro argini. Inoltre, si può ritenere che, in alternativa ai percorsi terrestri, i collegamenti con Adria, centro di raccolta e smistamento mercantile, fossero per lo più rappresentati dalle stesse ridotte diramazioni fluviali e incanalamenti artificiali. Si è propensi anche a pensare che il territorio a sud del Canalbianco (in antico denominato Tartaro) corrispondesse alla campagna di Adria, gestita sul modello della chora greca, per garantire l’economia commerciale della città, attraverso le risorse del fertile territorio.

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a cura di Raffaele Peretto, Archeologo

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