La più bella storia d’amore
Psiche era una delle più belle fanciulle di sempre, così tanto bella da suscitare l’invidia addirittura della dea Venere.
Nel mondo antico vigeva il precetto: mai agitare gli dei, altrimenti son guai! E per la povera Psiche furono guai davvero. Venere, infatti, ordinò al figlio Amore di scoccare una freccia verso la fanciulla per farla innamorare di un uomo di vile condizione. Ma quando Amore la vide, ne fu abbagliato e se ne innamorò.
Con l’aiuto di Zefiro riuscì a portare al sicuro Psiche, in un palazzo segreto, lontano dagli occhi gelosi di Venere. Lì, tutte le notti, alla stessa ora, Amore andava ad incontrare la sua bella fanciulla e la corteggiava con ogni attenzione. Psiche, giorno dopo giorno, sentiva crescere in animo un’attrazione sempre più forte per Amore, che per altro non aveva mai potuto vedere alla luce del sole. Questa era la condizione impostale dal giovane per preservarla dall’ira della madre.
Ma in Psiche il desiderio di vedere chi fosse realmente il suo innamorato misterioso si fece incontenibile. Così, una notte, munita di una lanterna si avvicinò al letto dove Amore riposava ed inavvertitamente lo scottò con una goccia di olio bollente. Deluso e amareggiato, per il patto tradito, Amore se ne andò. Psiche era disperata, non riusciva a darsi pace. Nel tentativo di ritrovare il suo amore, finì dalla dea Venere, che infuriata costrinse la fanciulla ad una serie di durissime prove.
Intanto anche Amore sentiva nostalgia per la sua Psiche e cominciò a cercarla. Arrivò a lei e, con l’aiuto di Giove, riuscì a liberarla dalle torture cui Venere la sottoponeva. La portò sull’Olimpo dove stavano tutti gli dei. I due si sposarono e da allora vissero felici e contenti.
Delle tante immagini dell’arte che raccontano la storia di Amore e Psiche, quella in marmo realizzata da un trentenne Antonio Canova alla fine del XVIII secolo e conservata, con altre versioni dello stesso tema, al museo del Louvre a Parigi, è quella che ci piace di più. Semivestita, la giovane Psiche è stretta in un abbraccio ad Amore che le appoggia la guancia sulla spalla. Lei con estrema delicatezza sorregge la mano di lui per posarvi sopra una farfalla, che trattiene per le ali con l’altra mano. La farfalla secondo il mito antico è il simbolo dell’anima e la parola greca che la designava era psyché, proprio come il nome della giovane amata da Amore.
In un gioco di rimandi, Antonio Canova ci svela il messaggio profondo ed eterno di quella favola d’amore scritta secoli prima: che in ogni relazione d’amore ciascuno dona all’altro la propria anima, ma perché questo dono sia foriero di gioia e duri per sempre, l’anima va educata. Cosa che solo Amore può fare. Buon San Valentino a tutti!