Natale come rinascita. Intervista al Vescovo di Adria e Rovigo
In questo periodo dell’anno tutto è luce. Ogni angolo della città è illuminato a festa. Nelle case, da tempo ormai, si sono accesi gli alberi e qualcuno ha già messo le luminarie anche all’interno della capanna del Presepe. L’atmosfera dovrebbe invitare al raccoglimento, alla relazione sincera e di cuore, al dono gratuito, alla riflessione sul vero significato della Festa più importante dell’anno, non un party. Si. La Festa più importante, perché è il giorno in cui si celebra la nascita, il nuovo, la possibilità di ricominciare.
Intervista a
don Pierantonio Pavanello
a cura di Micol Andreasi
“Qualunque sia il peso che portiamo – mi ha detto un giorno don Pierantonio Pavanello che è il Vescovo della Diocesi di Adria e Rovigo – a Natale si fa tutto più leggero, si riaccende la speranza, ci si riappropria della consapevolezza che nessuno di noi è solo”.
Chiedo al Vescovo se questa consapevolezza richiede una preparazione
“Certo che si, risponde. Le quattro domeniche che precedono il 25 dicembre sono indicate proprio come domeniche di avvento. Dal latino ad-venio, muoversi in direzione di qualcosa, ovvero della festa della rinascita. L’avvento è il tempo della riflessione, della preghiera, dell’attesa. E’ fatto anche di silenzi, di pause dal caos. Servono a fare spazio per essere più accoglienti, capaci di comprendere il senso vero della festa”.
Quando lei era un bambino come si preparava a questa festa?
“I miei ricordi risalgono addirittura a quando ero piccolissimo. La mamma mi mostrava le statuine del presepe ed insieme a lei le posizionavo. Mentre allestivamo, lei mi raccontava di quella nascita in povertà e della gioia che il suo annuncio portò al mondo intero. Quando sono diventato un po’ più grande, ho cominciato anche a cantare la chiara stella, ma era soprattutto la novena natalizia, un momento di raccoglimento e preghiera, che più di tutti mi era utile per comprendere e attendere il Natale”.
E i regali?
“Nella mia famiglia l’abitudine era scambiarsi i doni nel giorno dell’Epifania. Natale lo vivevamo nel pieno senso religioso. Il dono più grande lo ricevevamo dal Cielo, era la nascita di Gesù, bimbo come tutti noi, in mezzo a noi, capace nella sua disarmante povertà di parlare ai nostri cuori ispirandoci tenerezza, dolcezza e tanta gratitudine. Che poi, è quello che accade in ogni famiglia quando arriva un bambino”.
Chi erano Maria e Giuseppe? Perché sono stati scelti proprio loro come genitori di Gesù?
“Una donna ed un uomo come tanti, come noi. Non vi era nulla di speciale nel loro passato, tale da renderli eccezionali. Ma di fronte all’annuncio che sarebbero diventati presto genitori del figlio di Dio per volontà dello Spirito Santo, non si ritrassero. Non fuggirono. Si fecero accoglienti. Ebbero coraggio. Non erano dotati di super poteri, non erano ricchi o potenti, non erano più colti o intelligenti di altri, né più belli… avevano solo un grande cuore. Un cuore che si fida, un cuore che crede, un cuore che ama. Oggi siamo abituati a vedere fenomeni ovunque, quelli che hanno milioni di visualizzazioni, quelli che hanno milioni di dollari, o centinaia di pubblicazioni, o successo, fama, potere o tutto insieme, che la semplicità di Maria e Giuseppe, se riusciamo ad avvicinala, ci lascia senza parole. Quanta potenza sa sprigionare! Ci mostra la forza rivoluzionaria dell’amore che tutto può. Ci dice che tutti noi possiamo essere madri o padri o fratelli di Gesù se solo avessimo il coraggio di fargli spazio nelle nostre vite. E saremmo felici! Perché è per questo che ha scelto di nascere tra gli uomini. Lo avevano capito subito in molti, così che da ogni parte si muovevano in direzione della capanna di Betlemme per rendere omaggio a quel bambino e a quella famiglia che aveva già cambiato la storia”.
Qual è il suo augurio di Festa per i bambini del Polesine?
“Auguro a tutti di vivere lo stupore e la meraviglia che la festa di Natale porta con sé. Auguro a tutti di potersi emozionare davanti al Presepe rivivendo le tappe di quella nascita. Se riuscissimo a viverlo con commozione, potremmo davvero sentirci nuovi, più coraggiosi, con un cuore più accogliente e fiducioso. Capaci di amare, capaci per questo, anche noi, di cambiare la storia, di rendere il mondo un posto migliore”.