Leggere ad alta voce fa vibrare, parola di Tiziano Scarpa
Tiziano Scarpa, classe 1963, veneziano, è, senza troppi forse,
uno dei più talentuosi scrittori italiani.
Premio Strega nel 2009 con il romanzo Stabat Mater, è autore di decine di libri tra cui: Venezia è un pesce, Le cose fondamentali, Discorso di una guida uristica di fronte al tramonto, Groppi d’amore nella scuraglia, Il Cipiglio del gufo, Il brevetto del geco…La sua fervida fantasia partorisce personaggi sempre nuovi, mai scontati di cui con acuta intelligenza indaga i segreti dell’anima. Lo fa con leggerezza ed una sana dose di ironia.
I punti di vista si moltiplicano, l’eroe è solo un’ipotesi tra vizi e virtù, elementi di forza e fragilità, tutte umane, tutte possibili, di fronte alle quali meglio sospendere il giudizio! Ma prima di essere un affermato scrittore, Tiziano Scarpa è un accanito lettore.
Ad averlo iniziato ai libri è stata la sua nonna, lettrice instancabile benché avesse solo la quinta elementare. “E’ lei – mi dice – la mia prima radice”. Per lui, leggere e soprattutto farlo ad alta voce è riannodare i fili con il passato, impedire ai morti di morire davvero.
Quali sono i libri della tua infanzia che hanno lasciato il segno?
Alle elementari senza dubbio quelli di Jules Verne: Viaggio al centro della terra, Il giro del mondo in 80 giorni, Ventimila leghe sotto il mare… Poi alle medie ho letto molto Agatha Christie e ho riletto Zanna Bianca di Jack London molte volte…
Che cosa aveva di speciale Jack London?
“La capacità di rovesciare la prospettiva del racconto, di avvicinarci al punto di vista degli uomini e al tempo stesso del branco di lupi, di farci comprendere le ragioni di entrambi. Dico persino del nostro nemico: il branco di lupi. Nei primi 4 capitoli di Zanna bianca noi parteggiamo per gli uomini, di cui seguiamo con trepidazione le vicende. Poi la narrazione si concentra sulla vita del branco. La osserviamo, ne comprendiamo le ragioni, stabiliamo con il branco un rapporto di empatia… La trovo un’operazione straordinaria anche dal punto di vista educativo. Ci insegna a metterci al posto dell’altro e a comprenderlo, perché forse è vero che la verità non è sempre e solo da una parte”.
Cambiare punti di vista, invertire la prospettiva è quello che accade anche nel tuo racconto per ragazzi “Laguna l’invidiosa” illustrato da Maria Gianola
“Quando si arriva a Venezia si resta ammirati dalla maestosità dei palazzi, dal fascino delle calli. La realtà è che tanta bellezza non esisterebbe se non ci fosse la laguna. Il racconto inverte un rapporto: personaggio- sfondo. E porta in primo piano, rende protagonista, proprio lo sfondo: la laguna, la sua fragilità, la sua potenza. Il messaggio è che il paesaggio, la natura, il mondo, non sono luoghi da abitare, magari a scopi egoistici o da sfruttare, ma da considerare con rispetto e partecipazione. Noi veneziani, alle prese più volte all’anno con una laguna capricciosa, lo sappiamo bene cosa vuol dire sentirsi tirati per la giacchetta da una natura che ti obbliga a fare i conti con la sua realtà”.
Di cosa si nutre la tua fantasia?
“Non saprei di cosa si nutre, ma so che piega prende. La mia è una fantasia figurale. Il mio fantasticare avviene per immagini, scene, figure. Certo, non è l’unica fantasia possibile. C’è una fantasia concettuale, una musicale… A me però viene immediato incarnare l’idea in figure.
Qual è il compito dello scrittore?
“Se ti riferisci allo scrittore di romanzi, io credo che la sua funzione sia indissolubile dalla cooperazione dei lettori. Insieme scrittore e lettore mantengono viva la prestazione immaginale delle parole. Mi spiego. Le parole fanno tante cose: definiscono, costruiscono giudizi, commentano, stringono promesse… Una delle loro funzioni più belle è proprio fare sognare ad occhi aperti. Innescare la capacità della mente di raffigurarsi qualcosa che non è presente, di immaginare storie, mondi diversi.
Credo che in tutto questo ci sia una valenza civile. Dare forma ad un mondo diverso in cui, ad esempio, il paesaggio o lo sfondo o le periferie si riprendono il loro ruolo da protagonisti, riconquistano attenzione, diventano meritevoli di cura, allora, è un po’ come renderlo possibile davvero”.
Leggi mai ad alta voce?
“Quasi sempre, in realtà. Leggere ad alta voce mi costringe ad andare alla velocità della mia voce e non degli occhi. Più lentamente. Mi fa partecipare con il corpo alla storia, producendo al tempo stesso un effetto fisico ed emotivo. Un testo, che apparentemente è solo una sequenza alfabetica, prende vita e mi emoziona, mi commuove, mi fa ridere, sobbalzare, sussurrare, spaventare… Non è più una questione di concetti o di comprensione degli stessi, ma un’esperienza concreta. E’ così che un testo scritto decine, a volte, centinaia di anni fa ed il suo autore ci insegnano a prenderci cura del passato e di ciò che solo all’apparenza è morto, in realtà vive e continuerà a farlo tutte le volte in cui sapremo vibrare rileggendolo”.
Che cosa sono per te le biblioteche o le librerie?
“Sono centri di relazioni umane. E credo l’unico posto al mondo in cui si può viaggiare nel tempo e nello spazio, si possono stringere amicizie sincere sia con i vivi che con i morti”.
intervista di Micol Andreasi, giornalista