La boxe come metafora di vita
Ha iniziato a frequentare la palestra di viale Trieste a Rovigo quando aveva solo cinque anni, forse per imitare uno dei suoi 7 fratelli che da tempo si allenava con la Pugilistica rodigina.
A 14 anni Cristiano Castellacci indossava la maglia della nazionale.
Ha combattuto 186 incontri di cui 36 da professionista. Con la maglia azzurra ha viaggiato molto, disputando i campionati europei, quelli del mondo ed i giochi del Mediterraneo. Oggi ha 46 anni, due figli, una moglie e la stessa passione per la boxe di sempre, che con Enrico Pizzardo e Carlo Brancalion, è impegnato a trasmettere agli atleti, professionisti e amatori, iscritti alla società “Pugilistica Rodigina”.
Si muove con attenzione e cura tra gli attrezzi della palestra di viale Trieste, i sacchi, il ring, le corde, le bilance e tra gli arredi mi indica la sedia che fu del suo maestro: Silvano Modena. Ne parla ancora con commozione. “Perché – mi spiega – fu molto di più di un allenatore, un amico, un confidente, un maestro di vita. Fu il mio Maestro e così l ‘ho sempre chiamato. Mi ha insegnato la tecnica, la disciplina, il sacrificio, il rispetto per l’avversario e per le regole, la solidarietà. Non si tratta solo di una questione sportiva, ma della vita”.
Quando obietto che la boxe è violenta, Cristiano Castellacci mi mostra alcune foto. Raccontano di quando, durante l’anno, l’associazione Uguali diversamente porta i suoi ragazzi ad allenarsi con gli atleti del suo gruppo. Mostrano l’impegno profuso insieme ad un’altra associazione del territorio, UnitinRete, per promuovere la cultura contro ogni forma di Bullismo. E poi ci sono le foto di quegli atleti di colore che si allenano in palestra insieme ai ragazzi di Rovigo. Sono alcuni dei rifugiati politici accolti nelle strutture nei dintorni della città, fantasmi per lo più, gente che nessuno vede, che qui, invece, trovano una possibilità per sentirsi ancora vivi, partecipi di una comunità, impegnati al raggiungimento di un obiettivo…
“Tutte le volte – precisa Castellacci – che uno di questi ragazzi torna ad allenarsi con il sorriso, perché è riuscito a stringere amicizie o sentirsi parte di una comunità, mi sento come se avessi vinto una medaglia d’oro. Non c’è nulla di politico o ideologico in quello che facciamo. Semplicemente accogliamo chi entra qui dentro con il desiderio di mettersi in gioco e la volontà di rispettare regole e persone. La boxe che pratichiamo alla Rodigina è soprattutto un esercizio utile alla vita.”
Così chiedo al maestro Castellacci di spiegarmi cosa ha la boxe da insegnare alla vita. E lui usa una metafora.
“Siamo tutti chiusi dentro alle 16 corde di un ring. Di fronte abbiamo la nostra paura, e siamo soli ad affrontarla. All’angolo c’è qualcuno che può darci dei suggerimenti, esserci di incoraggiamento, ma non può sostituirsi a noi. Di fronte alla nostra paura restiamo solo noi. E possiamo fare due cose: o ritirarci senza combattere o affrontare e magari scoprire che ce la possiamo fare. E non si tratta di sconfiggere l’avversario, ma di affrontare e superare il nostro limite, dopo averlo guardato negli occhi. Inoltre il match è sempre fatto di regole, guai a disattenderle. E’ tradire noi stessi, equivale alla peggiore delle sconfitte”.
Mi parla anche delle lunghe ore di allenamento, dei sacrifici, dell’impegno che lo sport richiede…
“E anche questa è una palestra di vita, no?”
Mentre lascio la struttura di viale Trieste osservo i “ragazzi” che si allenano in cerchio.
Hanno 12, 14, 30, 24, 56…anni.
Sono tanti, per la maggior parte amatori, seguono le indicazioni del maestro. Concentrati, hanno la maglia sudata e lo sguardo carico ed entusiasta.
La società Pugilistica rodigina è nata nel 1935.
Da allora ha sfornato 13 campioni italiani. Il 5 luglio del 1995 il Coni le ha conferito una delle più alte onorificenze: la stella al merito sportivo, per aver dato lustro all’Italia.
Curiosità
Nel 688 a.C. i Greci introdussero il pugilato ai giochi di Olimpia. Era la seconda disciplina sportiva dopo la lotta libera. La prima medaglia fu vinta da Onomasto di Smirne. La popolarità di questo sport aveva già raggiunto un altissimo livello.