Nicolae Budui: parroco della comunità ortodossa romena di Rovigo
Padre Nicolae Budui è il parroco della Comunità Ortodossa Romena di Rovigo.
In tutto il Polesine conta più di 4500 fedeli, gran parte di nazionalità romeni, ma anche moldavi. 36 anni, sposato, come si conviene ai preti della Chiesa Ortodossa, padre Nicolae è anche papà di 4 splendidi ragazzi: Teodora, Stefan, Iustin e Ioan, rispettivamente di 8, 6, 4, 3 anni, che con lui e la mamma Georgiana vivono intensamente la vita della parrocchia.
Originario di Buzau, una città a 120 km dalla capitale della Romania, prima di arrivare in Italia e prima di essere ordinato sacerdote, ha lavorato come insegnante di religione a Constanta e succesivamente come traduttore di lingua tedesca per un’azienda austriaca a Bucarest.
Manca poco alla Pasqua, come vi state preparando?
Ci stiamo preparando come si fa per la festività più importante dell’anno: solo se crediamo e viviamo la resurrezione di nostro Signore, ha senso la nostra Speranza. Pasqua è il giorno della luce, quella che accendiamo nella liturgia della domenica santa, quella che può arrivare nel cuore di ognuno di noi e farci rinascere. Perché questo avvenga è bene preparare lo spirito, ma anche il corpo. Si, anche il corpo. L’esercizio richiesto è l’astinenza dai cibi grassi, dalla carne e dal pesce per tutti i 40 giorni che antecedono la Pasqua. Praticarlo significa imparare a controllare i nostri impulsi, la nostra ingordigia, gli eccessi. E significa anche riaffermare l’importanza del pane dello spirito. Diventare migliori: più attenti agli altri, più capaci di ascoltare, più pazienti, più disponibili a donare…La preparazione spirituale prevede tempi dedicati alle celebrazioni, alla preghiera, alla contemplazione…
Quanto è importante la preghiera nella vostra quotidianità?
Nella mia vita è fondamentale. Ci sono tre tipi di preghiere: quella di ringraziamento, quella di lode e quella di richiesta. Io non potrei vivere senza ringraziare. E’ il mio modo per manifestare il mio amore a Dio, per riconoscere quanti doni lui mi fatto e per essere sempre lieto. Non chiedo spesso, perché Lui sa ciò di cui io ho bisogno prima ancora che lo esprima… e di sicuro lo sa meglio di me.
E’ possibile conciliare la famiglia con il servizio alla parrocchia?
La moglie del parroco, che porta il nome di presbitera, è anche il primo punto di riferimento per i parrocchiani dopo il prete. Così Georgiana mi aiuta ad organizzare il pomeriggio della domenica con il catechismo dei giovani, con il pranzo comunitario dopo la liturgia – che è il nostro modo per continuare a spezzare il pane insieme e per farci prossimi agli altri – con il servizio a chi vive una condizione di difficoltà. La presenza dei miei bambini, le loro esigenze, la vita della scuola mi aiuta a rimanere sempre in contatto con la quotidianità delle altre famiglie, a comprenderne bisogni, aspettative, timori. Non è stato sempre facile: dal 2010 al 2014 sono stato Decano a Salerno, responsabile delle comunità della Campania e del Molise. Scelsi di trasferirmi a Rovigo proprio per poter conciliare meglio la vita della mia famiglia con quella della parrocchia…
Come state a Rovigo?
Rovigo è una bella città. Una cosa però la deve proprio migliorare: gli spazi per i bimbi e per le famiglie. Persino in Romania i parchi sono più verdi, ben curati e meglio attrezzati. I parchi sono luoghi di socializzazione, di incontro tra le persone. E quando si offre alle persone l’opportunità di incontrarsi e conoscersi si offre una grande ricchezza alla comunità intera.
Crede davvero possibile una convivenza pacifica tra culture, nazionalità e religioni diverse?
Credo che se superiamo i pregiudizi e ci apriamo al dialogo personale con l’altro, ci avviciniamo con confidenza e apertura, ci accorgiamo che sono molte più le cose che ci rendono simili rispetto a quelle che ci dividono. Credo anche, però, che accoglienza non significhi rinunciare al proprio credo, alle proprie tradizioni nel tentativo di non offendere nessuno. Per intenderci si può essere una scuola molto accogliente e interreligiosa anche se si lascia il Crocifisso affisso nelle aule.
intervista di Micol Andreasi, giornalista