Tecniche di diagnosi prenatale
Le tecniche di diagnosi prenatale comprendono indagini strumentali e di laboratorio, ed hanno avuto un grande sviluppo negli ultimi 50 anni.
Esse possono essere non invasive ed invasive.
Le tecniche non invasive, come dice il termine stesso, sono innocue per la madre e per il feto, e ci consentono di ottenere importanti informazioni sullo stato di salute del nascituro.
L’indagine più comunemente utilizzata, ed ora divenuta di uso comune, è l’ecografia ostetrica. L’elevato grado di risoluzione ottenuta con le apparecchiature di ultima generazione e la ripetibilità dell’esame, giustificano l’elevata diffusione dell’ecografia prenatale.
In gravidanza, di norma, si eseguono 3 ecografie fondamentali: una nel primo trimestre, una nel secondo trimestre, ed una nel terzo trimestre di gravidanza.
Ecografia del I trimestre.
Attualmente viene posta una grande attenzione all’ecografia del I trimestre. Essa si esegue tra l’11 e la 13 settimana+6 giorni di gestazione e permette di datare la gravidanza, cioè di confermare o meno la corrispondenza tra l’ultima mestruazione dichiarata dalla paziente, se nota, e l’effettiva crescita del feto.
A questa ecografia è possibile abbinare la misurazione della translucenza nucale e l’esecuzione di un prelievo alla madre, per misurare, nel sangue materno, i valori di due proteine: PAPP-A e frazione libera di HCG. Dalla combinazione tra i valori di queste proteine nel sangue, il valore di translucenza nucale e l’età materna, si calcola un rischio.
Se il rischio è nei limiti di norma, non è necessario eseguire test invasivi, in caso contrario si consiglia di eseguire la villocentesi. L’esame che vi ho appena descritto si chiama bi-test o test combinato, essendo costituito da una parte ecografica ed una parte laboratoristica e, novità di quest’anno, rientra nei LEA (Livelli essenziali di assistenza).
L’ecografia del primo trimestre rappresenta una fonte di importanti informazioni sul feto. Un ecografista esperto, difatti, si soffermerà a studiare la testa del bimbo, l’addome, valuterà gli arti e, addirittura, si soffermerà ad osservare alcune strutture cardiache.
Ecografia del II trimestre comunemente detta ecografia morfologica, si esegue tra 19 e 21 settimane. Essa permette di studiare la morfologia del feto e di evidenziare eventuali anomalie che necessitano di un appofondimento diagnostico.
L’ecografia del III trimestre, comunemente detta ecografia dell’accrescimento, si esegue tra 28 e 32 settimane. Secondo i nuovi LEA essa va eseguita solo in presenza di patologia fetale e questo rappresenta una novità nel panorama diagnostico prenatale. Oltre al bi-test, molte di voi sapranno che è ora disponibile un altro test eseguibile nel primo trimestre di gravidanza. Viene comunemente chiamato DNA fetale, NIPT è il suo termine tecnico, ovvero Non Invasive Prenatal Testing. ll DNA fetale può essere isolato precocemente a partire dalla X settimana di gestazione, quando raggiunge quantità sufficienti per il potenziale impiego clinico. La sua percentuale (FF) può variare tra <4%, una quantità non utile per la diagnosi, e circa il 40%. A seconda della FF totale presente nel campione, l’accuratezza dell’analisi può variare.
Le tecniche in uso analizzano il cfDNA (cell free DNA), che è il DNA circolante nel sangue materno, e che è dato da una commistione di DNA materno e placentare. Pertanto il NIPT non è un test diagnostico ma di screening ed un risultato positivo per anomalia cromosomica va confermato, come per il bi-test, attraverso la villocentesi/amniocentesi. Tuttavia, esso è il test più accurato finora disponibile, con valori che si attestano superiori al 99.9% per trisomia 21.
La maggior parte dei NIPT in commercio determinano il rischio per trisomia 21, 18 e 13. Il test può anche essere usato per determinare il sesso del bambino e il suo fattore Rh. Al momento, questo test, non rientra nei LEA, pertanto va eseguito a pagamento.
Le tecniche invasive sono la villocentesi e l’amniocentesi.
Attraverso queste metodiche è possibile estrarre il DNA fetale rispettivamente dalla placenta e dal liquido amniotico che avvolge il bimbo.
La villocentesi si esegue più precocemente, alla 10-12 settimana di gestazione, l’amniocentesi a 16-18 settimane.
Entrambe queste tecniche sono diagnostiche, pertanto danno un risultato certo, anche se si associano ad un lieve rischio di aborto.
L’accesso alla diagnosi prenatale invasiva ha due principali gruppi di indicazione, che riguardano situazioni nelle quali il rischio di patologia fetale è aumentato rispetto alla popolazione generale, e cioè: -una condizione genetica presente in uno o entrambi genitori o in un precedente figlio della coppia -difetti fetali rilevati mediante l’ecografia o risultati di bi-test/NIPT alterati.
Pertanto, il fattore età superiore ai 35 anni non rappresenta più un’indicazione alla diagnosi invasiva, e questa è un’altra novità dei nuovi LEA. Negli ultimi anni, inoltre, il materiale ottenuto mediante villo/amniocentesi può dare indicazioni ancor più dettagliate su eventuali patologie del nascituro, mediante una nuova tecnica chiamata array-CGH.
Attraverso questa tecnica è possibile studiare variazioni di contenuto di piccole porzioni cromosomiche, identificando patologie che sono la causa di sindromi malformative, ritardo mentale ed epilessia. In ogni caso è sempre opportuno eseguire una consulenza genetica per inquadrare gli accertamenti clinico-strumentali.
a cura della dottoressa
Alessia Pozzato
ginecologa