Il miracolo di Natale sulle rive del Po
Era il pomeriggio della vigilia di Natale di cento anni fa. In una semplice, sorridente casetta a poche centinaia di metri dall’argine sinistro del Po, non distante da La Guarda, viveva una povera famiglia composta da Beppe, Tella e dalla figlia Violetta, una bambina di sette anni.
Beppe faceva il pastore per conto di un possidente locale che aveva molte terre, greggi ed armenti, ma da alcuni mesi era senza lavoro e questo rendeva irrequieto anche il suo cane Geo, un bastardino di mezza taglia, tutto nero se non fosse stato per un ciuffo di peli bianchi sul muso. Tella stava impastando una pinza con l’ultima farina rimasta.
“Beppe, ho poca legna per cuocere la pinza nel camino, e poi ne servirebbe anche per domani”, osservò Tella.
“Avevo già deciso di andarne a prendere in golena” disse. “Violetta, vuoi venire con me? Fuori non fa tanto freddo… Andiamo, mi aiuterai, così faremo prima”.
Violetta si infilò in testa un berretto di lana, si legò al collo una sciarpa sfilacciata e con Geo era già pronta sull’uscio.
Beppe, portandosi verso l’argine del Po, osservò: “Dovremo far presto, ho l’impressione che nevicherà ancora!”.
Violetta non riuscì a trattenersi al richiamo del ghiaccio che copriva i fossati e si divertì a fare qualche scivolo.
“Violetta andiamo! Sbrigati, verremo domani a giocare! Ti farò un paio di pattini… Ora non abbiamo tempo da perdere.
Nella golena la neve si era sciolta solo in parte e fu più laborioso del previsto cercare rami trasportati dall’ultima piena del fiume. Beppe riuscì comunque a fare un buon carico sul “cariolone” dopo aver ridotto a misura i rami e qualche modesto tronco.
Papà, – chiese Violetta – non possiamo anche noi avere l’albero di Natale, seppure più piccolo di quello che hanno preparato nella casa del padrone?.
Qui, nelle nostre campagne non nascono spontanei gli abeti; per avere un albero come quelli che crescono in montagna bisogna comprarlo, ma noi non abbiamo soldi”, disse il padre
Ma papà, potremmo usarne uno diverso, ce ne sono anche qui con le foglie ancora verdi, come quello piccolo là sotto il salice”. “È un bosso, è un sempreverde come gli abeti…”. “Ma può andar bene papà, guarda, ha tante palline rosse attaccate ai rami…
È un albero di Natale già predisposto!”. “Sono le bacche, Violetta… Va bene, te lo taglio; anzi lo tolgo con le radici, così dopo le Feste lo pianteremo vicino alla casa e sarà il nostro albero di Natale per tanti anni ancora”.
Non fu difficile per Beppe sradicare la piantina, utilizzando al caso la sua accetta a mo’ di vanga. Si avviarono poi verso l’argine. Beppe spingendo il suo “cariolone” colmo di legna faticava nel far andare avanti la ruota che sprofondava nel terreno molle, mentre Violetta era solo intenta ad ammirare le verdi tenere foglie del suo bosso, avendo cura che non si staccassero quelle lucenti bacche rosse.
Beppe si fermò per prendere fiato. Alzò gli occhi e vide di fronte a sé una giovane Signora. Era bellissima. Il mantello verde metteva in risalto il suo volto chiaro.
Fu Violetta a chiedere: “ Chi sei? Non ti ho mai vista da queste parti. E’ tuo l’asinello che tieni alla corda?”. “Abito qui da poco, in una cassetta là in fondo alla golena… Ho tanto freddo e tanta fame… Mi dareste un po’ di legna?”.
Se vuole Signora – disse Beppe, può venire a casa mia. E’ quella bianca sotto l’argine. Siamo poveri, ma un pò di latte caldo per lei c’è.
La signora: No, non posso, debbo tornare, a casa ho un bambino che mi aspetta.
Fra i due, scodinzolando, si intromise Geo che teneva stretto in bocca una bel fagiano.
Beppe sorpreso esclamò: Ma Geo, sei formidabile. Ti manca solo la parola! Dammi questa provvidenza. Domani….
Non terminò la frase, rivolgendo lo sguardo verso la Signora, gli prese un nodo alla gola. “Signora, se lei non può fermarsi a casa mia, prenda questo fagiano… È per lei. Tenga anche questa legna, gliela sistemo sul dorso del suo asinello”. La signora estrasse dal mantello una pallina di vetro e la donò a Violetta ed al suo papà.
Tornati a casa, Violetta mostrò alla mamma il suo originale albero di Natale e la meravigliosa pallina di vetro. Violetta sistemò il bosso vicino al camino ormai spento e, con le sue manine infreddolite, cercò di appendere la pallina di vetro all’alberello, ma le sfuggì di mano e cadendo si ridusse in mille frammenti. Improvvisamente quei frammenti di cristallo si trasformarono in una miriade di scintille luminose che si dispersero per tutta la stanza in un luccichio fantastico…
Lo stupore di Tella, Beppe e Violetta si trasformò subito in un’allegria indescrivibile.
Lo stesso Geo abbaiando uscì, per correre all’impazzata attorno alla piccola. bianca casetta. Il giorno dopo fu un Natale fantastico per quella famigliola, il più bello della loro vita. Violetta e Beppe tornarono molte volte nella golena del Po per cercare la Signora, ma da quella vigilia di Natale non fu da loro mai più rivista.
L’idea per questa favola mi è stata offerta da Paola Bazzan di Lusia, quando aveva solo 11 anni.
di Raffaele Peretto