Venti d’Oriente
Giapponismo. Una mostra da non perdere per conoscere il fascino dell’arte giapponese
Una carpa nuota tranquilla sotto un pino. E’ l’immagine raffigurata in una delle tante opere esposte a palazzo Roverella in occasione della mostra “Giapponismo. Venti d’Oriente nell’arte europea”. Si trova nella sezione dedicata proprio agli autori giapponesi, quelli che dal 1854, da quando cioè il Giappone ruppe il suo secolare isolamento, affascinarono il mondo intero. Non che prima l’arte giapponese fosse ignorata, le stampe ukiyoe, ovvero del mondo fluttuante, per lo più xilografie, erano già conosciute in Europa. Arrivavano nei porti europei, usate come carta d’imballaggio per i carichi di tè.
La carpa ed il pino è un dipinto ad inchiostro su seta, fatto da Nishiyama Kan’ei intorno al 1890-1897. Il taglio verticale della composizione alta 109 centimetri per 47 di larghezza, la sua essenzialità, la sinuosità delle linee si ritrovano in molte altre immagini esposte e sono tratti distintivi di un’arte, quella giapponese, tanto affascinante da essere ritenuta un punto di riferimento fondamentale per la nascita di un nuovo gusto estetico, quello, per intenderci, dell’Impressionismo, dei Nabis, della Secessione viennese, del Liberty.
Ma l’immagine della carpa ed il pino, con la sua accurata attenzione realistica, l’uso di un chiaroscuro più intenso e della prospettiva, mostra che anche l’arte giapponese risentì, in quegli anni, dell’influenza di quella occidentale, lasciandosene permeare.
Nell’opera di Kan’ei, il tronco del pino è appena accennato in alto a destra. Vi scendono i rami carichi delle foglie aghiformi che lo contraddistinguono per tutto l’anno. Nella cultura giapponese il pino è simbolo di vigore e longevità, proprio perché sempreverde. Insieme al bambù ed al pruno forma la triade dei cosiddetti “amici dell’inverno”. Sono connessi alle festività di Capodanno ed indicano la vita che si rinnova. La carpa è simbolo di fermezza e perseveranza, proprio perché è in grado di risalire la corrente. Nella mostra di Rovigo, si ritrova in numerosi altri dipinti, in stampe e persino nelle decorazioni di vasi e di piatti di porcellana.
Tutto è simbolo, tutto è in relazione e concorre a creare l’armonia. Lo mostrano anche molte xilografie policrome esposte, raffiguranti fiori e uccelli, insetti, pesci, piante. Si tratta di un genere di pittura di paesaggio con cui tutti gli artisti giapponesi si misurarono e che ebbe grande successo, riportata anche su manufatti di artigianato, paraventi e ventagli.
Alle immagini erano connessi messaggi di buon auspicio. La raffigurazione della gru, ad esempio, è simbolo di longevità ed era più spesso abbinata ad un pino o al sole che sorge. Le anatre mandarine, raffigurate in coppia, sono il simbolo dell’unione coniugale e dell’amore fedele. Così il gallo, raffigurato vicino ad una gallina con i pulcini, è il simbolo della protezione paterna nei confronti della famiglia. Dei fiori, il crisantemo è rappresentativo dell’inverno, simbolo di forza e resistenza, m anche della casa imperiale. I fiori di ciliegio, per la loro breve durata, rimandano alla caducità delle cose, alle nuvole ed alla neve insieme. Le farfalle all’anima, le libellule alla forza, al coraggio, al successo ed alla stagione estiva. Le rane simboleggiano il ritorno. Vi è in tutte le immagini della serie fiori e uccelli o pesci un riferimento continuo al tema del cambiamento stagionale, del passaggio dei dodici mesi dell’anno: espressione di quell’idea di variazione continua, di movimento, di circolazione di energia che, secondo la cultura giapponese, è propria della Natura.
Di questa energia e movimento si fa portatrice la xilografia policroma del maestro Hokusai, dal titolo “La grande onda”, pure essa esposta a Palazzo Roverella. Di 25,3×37 centimetri, l’opera fa parte delle trentasei vedute del monte Fuji. E’ una delle immagini cult di tutta la storia dell’arte. Rappresenta un’onda alta e imbizzarrita, che pare “avere gli artigli”. Si staglia dal basso a sinistra. Sullo sfondo è il monte Fuji. Da destra, a muoversi sulla spinta della corrente dell’onda sono piccole imbarcazioni, dentro cui i pescatori stanno piegati, quasi inginocchiati. Non c’è scontro tra la barca e l’onda. Non ci sono segni di resistenza da parte di quei piccoli uomini, che non si stanno opponendo alla furia del mare. Piuttosto vi si stanno adattando. Tutto sembra assecondare la natura. Il pittore, infatti, non racconta di un’imminente tragedia, ma di un matrimonio, quello tra l’uomo e la natura, da cui deriva l’armonia del paesaggio.
E’ in questo piccolo capolavoro che l’estetica giapponese diventa anche etica: un invito a vivere in un certo modo il rapporto tra uomo e natura. Lo fa tutta l’arte giapponese esposta al Roverella, con i suoi paesaggi, con i fiori, gli uccelli, i pesci…
La Mostra:
Venti d’oriente nell’arte Europea 1860-1915
Rovigo, Palazzo Roverella
28.9.19 – 26.01.20