La guerra delle donne
Oggi in Italia la donna gode di molti diritti riconosciuti dalla nostra Costituzione a partire da quel primo voto del 2 giugno 1946, che è stato ricordato nei giorni scorsi come ogni anno.
Ma vi siete mai chiesti quando è incominciato il lungo cammino della sua emancipazione? La risposta ci riporta indietro esattamente di cento anni alla Prima Guerra mondiale (1914-’18), quando cambiò radicalmente il ruolo delle donne, che presero il posto dei loro uomini impegnati al fronte.
Le condizioni delle donne nella famiglia e nella società, prima del processo di emancipazione avviato nel XX secolo, ci mostrano madri e figlie sottomesse senza diritti all’interno delle proprie famiglie, economicamente impossibilitate a gestire il proprio stipendio ed escluse dai pubblici uffici.
Il capo famiglia o pater familias (padre prima e marito poi) decideva per loro, preferendo, di solito, tenerle in casa a badare alle faccende domestiche e ai figli come “angeli del focolare” e, se riuscivano a lavorare, erano sfruttate: costrette a lavorare più ore, sottopagate, col rischio di essere licenziate se si sposavano o quando restavano incinte.
Questo status quo fu improvvisamente interrotto dall’avvento della Grande Guerra, quando le donne furono chiamate dallo Stato a ricoprire i posti rimasti vacanti e a mandare avanti un’intera nazione. Senza di loro, infatti, chi avrebbe continuato il lavoro nei campi e nelle fabbriche per sfamare la popolazione e rifornire la guerra?
Come sarebbe potuta andare avanti la vita del Paese garantendo i servizi necessari?
Fu dunque grazie alle donne, se la vita civile dell’Italia continuò senza fratture permettendo così anche la vittoria bellica. E proprio durante la Prima Guerra Mondiale le donne si trovarono a gestire la propria famiglia in modo attivo e dinamico, ma non solo: presero in mano anche le aziende, impararono ad usare macchinari, a lavorare nelle fabbriche, a fare munizioni; ma anche a studiare e laurearsi per diventare infermiere e medici; si posero alla guida di treni e tram, diventarono portalettere, spazzacamini, vigili del fuoco.
La nuova presa di coscienza delle proprie forze e capacità le spinse a scendere in campo attivamente come supporto alle truppe impiegate sul fronte e nelle retrovie. A parte qualcuna, che cercò di fare il soldato ma ai tempi non era permesso, molte di loro si ritrovarono nelle trincee a fianco dei soldati per soccorrerli e curarli come crocerossine o portare loro i rifornimenti, come le portatrici carniche; alcune fecero addirittura le spie, come la nota Mata Hari.
Molte furono protagoniste di gesta di coraggio, sfociate in atti di eroismo. La Grande Guerra le vide più volte protagoniste anche di movimenti di protesta, nati dalla sofferenza e dalla povertà. Tutto intanto cambiava, compresa l’immagine esteriore della donna con la moda che si adattò alle nuove esigenze, tanto che gli abiti e il taglio dei capelli si accorciarono, sparirono bustini e voluminose sottogonne, mentre le donne iniziarono ad indossare pantaloni e camice.
Sono gli anni in cui Coco Chanel iniziò la sua rivoluzione che porterà al moderno abbigliamento femminile, più libero e comodo, talora anche di taglio maschile, senza però perdere la propria femminilità. Al termine della guerra, tutto ritornò come prima, perché gli uomini, tornati dal fronte, reclamarono il proprio posto nella famiglia, al lavoro e in società, ma l’universo femminile aveva ormai acquisito una nuova consapevolezza, che con un lungo inarrestabile cammino l’avrebbe portato a costruirsi un’identità ridisegnandosi un nuovo ruolo in una società finalmente in grado di comprendere ed accettarne il valore.
CURIOSITA’
a cura di Rosanna Beccari, Docente di lettere e latino Scuola Secondaria Superiore