Regali di Natale e felicità nei bambini
Una volta una mamma mi ha raccontato un episodio di quand’era bambina:
“Quella mattina di Natale sotto l’albero io e mia sorella avevamo scartato, tra i tanti pacchetti, due soffici golfini di lana bianca, uno a testa. La mamma ci aveva detto che erano da parte del nonno, ma non ricordavo che il nonno (quello che portava la giacca e il cappello) ci avesse mai fatto un regalo né dato un bacio né parlato, credo. Avevamo dovuto formalmente ringraziarlo a pranzo, ma io sapevo che quei golfini li aveva scelti la mamma per noi e, ogni volta che indossavo il mio, mi sentivo avvolgere dal piacevole calore del suo abbraccio. Era stato il regalo lì per lì meno apprezzato e l’ultimo ad essere scartato (i pacchetti molli, si sa, restano sempre in fondo, perché si capisce subito che non sono giocattoli!), eppure è stato il regalo che non ho dimenticato, perché portava con sé il pensiero e l’affetto di mia madre per noi.”
Potremmo perderci tra le tante definizioni di felicità, ma se parliamo di bambini credo che la felicità sia sentire di essere amati dai propri genitori.
Nel racconto di questa mamma si parla di un regalo e si parla di affetto. Il regalo che porta nel cuore non è quello che ha esaudito i suoi desideri di bambina (un giocattolo), ma quello che le ha reso visibile l’affetto di sua madre, quello che ha soddisfatto un bisogno profondo, il bisogno di sentirsi amata. Ciò che rende felice un bambino (ma vale anche per gli adulti) non è che i propri desideri vengano esauditi, ma che i propri bisogni vengano soddisfatti.
Come riesce un genitore a soddisfare il bisogno di sentirsi amato di un figlio?
G. Chapmann ritiene che le persone percepiscano l’affetto attraverso diversi linguaggi
(“i cinque linguaggi dell’amore”): il contatto fisico, le parole di rassicurazione, i gesti di servizio, i momenti speciali e, infine, ricevendo doni.
Un gesto, una parola o un dono veicolano un significato, che può non essere univoco.
IL DONO
Talvolta il dono può essere un semplice desiderio esaudito:
il genitore diventa il genio della lampada nelle mani di un “piccolo padrone”. Nel vissuto del bambino il genitore è un mezzo e il regalo è il fine: la relazione è basata sul potere. Il sentimento di gioia che ne deriva è effimero e svanisce insieme alla novità del regalo.
Altre volte il regalo è un premio per i “bambini bravi”.
Va da sé che il suo significato si gioca sempre sulla relazione di potere e spesso il bambino non capisce bene cos’ha fatto per essere “bravo”! In ogni caso il regalo rimane lo scopo e una volta ottenuto si ricomincia da capo.
Il dono, infine, può essere un modo, un linguaggio per esprimere il proprio affetto e per far sì che l’altro si senta amato.
Questo accade quando riusciamo ad assicurarci che insieme al dono arrivi anche il messaggio: “sei importante per me!” In questo caso il regalo diventa un mezzo e il bambino sente che il fine è la relazione, una relazione in cui può abbandonarsi con fiducia. La gioia che il bambino prova trascende la situazione particolare e, proprio come nel ricordo della mamma/bambina del racconto, è in grado di rinnovarsi continuamente nel tempo.
Se un bambino riesce a sentire che il suo bisogno di sentirsi amato può essere soddisfatto, può diventare un adulto capace fidarsi e in grado di ricevere e dare amore, ponendo le basi per essere una persona felice.
a cura di Claudia Fenzi
Pedagogista e Consulente Familiare presso Studi Logos