Una palestra per il corpo e la mente

L’atletica Leggera, una palestra per corpo e mente

Ricordo ancora con disappunto quando, nei lontani anni ’80, noi cestisti in erba ma con sogni grandiosi (l’NBA, inutile negarlo), ricominciavamo ad allenarci dopo la pausa estiva. Le prime settimane erano destinate alla preparazione atletica, momento accolto con la stessa gioia con cui veniva accolta qualche anno prima l’ora di ginnastica correttiva, prescritta da uno scrupoloso medico di base che invariabilmente diagnosticava ‘il dorso curvo’ a metà della tua generazione.

E’ vero, c’era qualche raro esempio di tuo compagno di squadra che faceva anche Atletica Leggera, che puntualmente in quelle settimane dimostrava il suo strapotere fisico, ma generalmente liquidavi la cosa considerandolo un superdotato o ipertalentuoso, dando una scrollata di spalle, e attendendo solamente che passasse il tempo per poter tornare a riprendere in mano una palla.

Ovviamente la stessa sofferenza veniva inflitta a tutti i ragazzi che facevano sport di squadra o individuali. Servivano 2-3 settimane e passava la paura.

Ancora oggi purtroppo, l’atletica leggera è nell’immaginario collettivo, qualcosa del genere. E’ solo sofferenza fine a se stessa e chi la pratica è un personaggio ‘strambo’, con grandi abilità fisiche ma scarse competenze sociali e tendenza ad isolarsi. Insomma, una cosa per lupi solitari, uno sport che se proprio ti piace allora ok, fallo! Ma non è proprio così…

salto-in-lungoDal punto di vista sportivo mi piace paragonare l’Atletica Leggera alla scrittura.
Per fare un tema bisogna imparare a scrivere fin da piccoli. Ed imparare a scrivere poi ci servirà per sempre, per tutta la vita, sia che si decida di fare i giornalisti o gli scrittori, oppure che si opti per professioni meno letterarie. Fuori di metafora: l’atletica va fatta subito, come il nuoto. Poi se diventerà un grande campione o se quello che impara lì lo userà per altri sport si vedrà. L’educazione al movimento ed alla coordinazione va fatta subito. Ed ovviamente va fatta come gioco, perché bambini di 5/6 anche 8 anni hanno bisogno di divertirsi, di gratificazione immediata, di regole.

Se gliela fai passare come ‘allenamento’ e alla fine gli concedi 5 minuti per giocare e divertirsi, che idea potranno farsi dello sport? Diciamocelo: un’altra rottura, dopo le 5 ore del mattino (estremizzo, buone mamme, estremizzo).

Quindi: a che età iniziare? 6 anni.
A che età smettere? Domanda sbagliata. Prendi un bambino che ha fatto 5 ore seduto a scuola. Fallo mangiare e poi risiedilo davanti ad un quaderno. Fatto? Poi ad un certo punto dovrà sfogarsi, no? E allora perché non fargli fare 2 sport? Di cui uno l’atletica? Arriverà alle medie, il periodo delle scelte, con un bagaglio motorio da far invidia a ragazzini di Nazioni più avanzate dal punto di vista dell’Educazione Fisica (su tutti i paesi del Nord e l’Inghilterra) potrà fare tutto, anche iniziare a competere seriamente (prima competizione sì, ma medaglietta a tutti!!!). Prendiamo ora la persona, l’individuo, il bambino o la bambina che diventeranno un uomo e una donna inseriti in un contesto sociale.

Ci sono alcuni parametri chiave su cui ci piace lavorare e che sono sicuramente interessanti per lo sviluppo psichico, per i quali l’atletica leggera si presta come un terreno elettivo. Seguimi. LIMITI L’atletica leggera è in primis uno sport individuale. Inutile nasconderci dietro ad un dito: per ogni gara, vince un solo atleta. C’è chi arriva secondo, terzo,.. e chi arriva ultimo.

Questo permette, fin dalla giovane età, di prendere consapevolezza del proprio limite. Di gestire la frustrazione che deriva da una prestazione dove, pur avendo dato il massimo, non si è vinto.

OBIETTIVI Questo è forse il punto chiave. Il proprio limite è superabile. Non importa se sei arrivato primo secondo terzo ultimo, comunque ora tu hai un limite. Sei irrimediabilmente in contatto con la tua natura umana che di per sé è limitata. Ma hai altre occasioni davanti. Devi gestire. Cosa fai?

IMPEGNO Come puoi superare il limite? Con l’impegno. Ogni volta che mi impegno per uno, due, tre allenamenti poi mi rimetto alla prova e, se va bene, il limite lo supero. E qui cosa succede? Boom!
L’autostima schizza ed imparo che io sono parte attiva nella costruzione dei miei risultati. Inizio a formare ciò che gli psicologi chiamano un mindset incrementale. Questo vale a tutti i livelli: che io sia stato dotato da madre natura oppure no, non conta. Ciò che conta sono io con il mio impegno che mi permetterà di superare i miei limiti.

SQUADRA Dagli 11 anni l’atletica diventa anche sport ‘di squadra’. Ormai anche prima. Si gareggia tutti assieme per portare punti ed i punti favoriscono la mia squadra e le permettono di battere altre squadre. Qui si connettono tutti i meccanismi tipici dello sport di squadra: sacrificio per gli altri, accettazione del compagno più debole, riconoscimento del compagno più forte, rispetto dell’avversario incondizionato. Tuttavia voglio far notare che, a differenza di altri ambiti sportivi, si vince se la squadra è più forte, si perde se la squadra è più debole. Non ci sono trucchetti, astuzie, furbizie. L’atletica non perdona. Non si può simulare.

In definitiva un messaggio: lo sport giusto non esiste. Tra il divano ed una qualsiasi attività sportiva non esitare. Scegli la seconda opzione.

bonvento

 

 

 

a cura di Marco Bonvento dottore in Psicologia Cognitiva Applicata e specialista in Psicologia dello Sport dirigente di Confindustria Atletica Rovigo e Presidente provinciale Federazione Italiana Atletica Leggera

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