Le paure… sono cose da grandi
“Questa lettera ha inizio nell’estate dei tuoi quattro anni.
Quando le mie paure si sono schiuse davanti alle immagini di una strage.
Poco dopo la terra ha tremato.
E anche io sono stata contagiata da quel tremore,
è perché l’ho avvertito in te”.
Simona Sparaco, scrittrice e sceneggiatrice, nata a Roma.
Tra i suoi romanzi ci sono: Lovebook, Bastardi senza amore, Nessuno sa di noi, Se chiudo gli occhi, Equazione di un amore…
Ma soprattutto Simona Sparaco è mamma di Diego, un bimbo di 4 anni e mezzo.
E’ lui l’interlocutore e co-protagonista della lunga lettera che compone il suo ultimo romanzo “Sono cose da grandi”, edito da Einaudi.
Nel testo, con semplicità, tenerezza ed una grande abilità introspettiva, la mamma scrittrice cerca di spiegare al figlio l’esistenza del male.
E’ l’estate del 2016.
Alla televisione scorrono le immagini della strage sulla Promenade des Anglais di Nizza. L’accaduto catalizza a tal punto l’attenzione di Simona che non si accorge che Diego, accanto a lei, sta guardando le stesse drammatiche immagini. Poi, incrociato lo sguardo, scopre nel volto del suo bambino l’espressione della paura, quella suscitata dalla violenza del mondo. Capisce subito che la formula che era solita usare in quelle occasioni “Sono cose da grandi”…non funziona più.
E’ allora che, carta e penna alla mano, comincia a scrivere una lunga lettera in cui racconta della paura e di cosa le ha insegnato, ma anche della dolcezza di una vita quotidiana a due, mamma e Diego, tra giochi, impegni e scatole magiche in cui custodire i desideri.
Nel romanzo, ad un certo punto Diego ti chiede se voi due siete una famiglia, poi si distrae ad osservare una farfalla e tu non rispondi…
Che cos’è la famiglia per te?
La famiglia è un luogo in cui ci sono persone capaci di dedicarsi l’uno all’altra, di mettersi al servizio. La parola stessa deriva da famulus, un termine di origine latina che significa servitore. Intendo servizio nella sua accezione nobile, ovvero di gratuità.
Famiglia è farsi carico in modo assolutamente gratuito dei problemi dell’altro, delle sue difficoltà, delle sue gioie.
E’ prendersi cura. Può essere composta da due persone con uno o più figli, ma anche di due persone e basta.
Tu scrivi che “si può sbagliare un matrimonio, ma non si può sbagliare una separazione”.
Cosa intendi?
Quando ho sposato il papà di Diego ero sicura che avrebbe funzionato. Ero assolutamente certa dei miei sentimenti, dei suoi e del desiderio condiviso di costruire insieme, di mettersi in gioco, di provarci e riprovarci. Avevo promesso a me stessa che la mia storia d’amore non avrebbe fatto la fine di quella di molti altri. La mia no. Era per durare per sempre.
Ed invece…a volte il nostro impegno e la nostra volontà non bastano a salvare un matrimonio. Ma devono assolutamente bastare a salvaguardare i figli, che nella separazione sono le prime e più ferite vittime. Ecco perché non possiamo sbagliare una separazione . Perché, quando ci sono dei figli, serve ancora più consapevolezza, più capacità di controllo e gestione delle nostre emozioni, più apertura e disponibilità verso l’altro che è il papà o la mamma del nostro bambino.
Ritieni sia veramente possibile? Come?
Si. Bisogna però imparare a lavorare su di sé e sulle proprie emozioni. Riconoscerle, cioè. Guardarle dall’esterno, quasi da chirurgo, così da capire cosa fa scattare certi meccanismi, che generano rabbia, rivendicazioni, stati di angoscia… Guardarci con la giusta distanza serve a ridimensionare il nostro ‘Io’ ferito e a restituire valore a ciò che ce l’ha realmente: i figli, la loro serenità, il diritto di continuare ad avere un papà ed una mamma. E’ un lavoro di analisi che deve essere continuamente affinato. Perché nella vita siamo sempre esposti alla prova. Sempre rimessi in discussione, sempre soggetti a repentini mutamenti di quelli che fino ad un attimo prima erano i nostri punti fermi, i nostri paletti. La mia scrittura è l’esercizio di analisi su me stessa che più mi aiuta ad acquisire consapevolezza, fin da quando ero molto giovane.
Di cosa hai paura?
Dopo il libro “Sono cose da grandi” ho decisamente meno paura. La scrittura, come ho detto, mi ha aiutata a guardarmi dentro e a prendere la giusta distanza dalle mie emozioni per analizzarle e leggerne l’origine. Resta che ho paura di non essere all’altezza del mio ruolo di genitore, capace di proteggere e di contenere. Ho paura di non riuscire a gestire le mie emozioni davanti a mio figlio, e di mostrarmi a lui in tutta la mia fragilità…Esserne consapevole però è già buono.
Cosa c’è nella tua scatola dei desideri?
Il desiderio di continuare a migliorarmi come persona in modo da poter essere una buona guida per mio figlio. C’è inoltre il desiderio di superare tutte le mie, le nostre paure, per potermi lasciare andare alla Vita con più fiducia.
Simona Sparaco.
Dopo aver preso una laurea inglese in scienze della comunicazione e aver vissuto all’estero, spinta dalla passione per la letteratura è tornata in Italia e si è iscritta alla facoltà di lettere, indirizzo spettacolo. Ha poi frequentato diversi corsi di scrittura creativa, tra cui il master della scuola Holden di Torino.
Vive tra Roma e Singapore.
Ha pubblicato un suo racconto nella raccolta The sleepers. Racconti tra sogno e veglia edito da Azimut nel 2008.
Per Newton Compton ha pubblicato nel 2010 i romanzi Lovebook e Bastardi senza amore, tradotto anche in inglese.
Per Giunti ha pubblicato nel 2013 il romanzo Nessuno sa di noi ed Equazione di un amore (2016).
Per Einaudi ha pubblicato nel 2017 Sono cose da grandi.